domenica 20 novembre 2011

Soledad - Aurora Serena


Il mio nome è Soledad, e sono la prima donna appartenete allo Spirito del Lupo. La mia essenza, e quindi anche il mio istinto appartengono all'Est ,punto cardinale che determina il mio elemento l'aria, e proprio come l'aria,ho imparato ad essere leggera come un soffio e distruttiva come una tempesta.
La mia non fu un'infanzia particolarmente lieta, ma mai e poi mai avrei creduto di vivere quanto sto per narrarvi.
Provengo da una famiglia che non viveva senz'altro di agi, figlia di braccianti, dipendenti presso un ricco e appariscente podere situato a pochi ettari di terra dalla nostra umile e fatiscente abitazione. Sono la primogenita mai voluta da mio padre, perchè a sua detta il primo figlio deve essere maschio, colui che avrebbe mandato avanti il cognome e l'onore di un'antica famiglia di onesti lavoratori e probabilmente le sue richieste furono ascoltate, visto che a soli 2 anni dalla mia nascita, mia madre diede alla luce mio fratello, avvenimento che lo rese fiero ed orgoglioso.


Mio padre...ancora oggi fatico ad identificarlo come tale,era un' uomo dalle mani e dalle spalle a dir poco enormi plasmate dal duro lavoro di una vita, mi sembra ieri mentre da lontano lo osservavo caricare fasci e fasci di fieno su un pesante carretto di legno. Il lavoro,per lui contava solo quello ma la sera quando tutto mutava, da uomo silenzioso e introverso quale era diventava un mostro capace di una furia senza pari, furia che scatenava dopo qualche bicchierino di troppo e che scagliava su me e mia madre. Ancora oggi mi chiedo come potesse avventarsi con tanta rabbia su una donna cosi fragile e remissiva.
Mia madre era minuta , con i capelli sempre ben ordinati raccolti in uno chignon che ormai andava ad imbiancarsi a causa dei molteplici dolori che la vita le aveva ingiustamente inflitto. Dai modi affabili e più che una moglie, sembrava la sua umile serva. La amavo con tutta me stessa , ma non fui mai capace di perdonarle ciò che aveva lasciato fare a mio padre.


Gli anni trascorrevano e io diventavo una piccola donna, era cosi che mi chiamava mia madre. Decisero per tanto di farmi lavorare presso il podere dei nostri padroni, non dovevo fare un granché, seguivo mia madre e facevo tutto ciò che mi diceva di fare. Finché un giorno mi allontanai da lei mentre sistemava un'antica credenza e mi intrufolai in quella che doveva essere di sicuro la stanza da letto dei figli dei padroni.
Era tutto cosi diverso,tutto cosi bello,luminoso e ampio, nulla a che vedere con il mio lettino di paglia striminzito avvolto da una vecchia e polverosa coperta marrone. Fui pervasa da una strana sensazione quando vidi per la prima volta una bambola, era splendida, di porcellana, con lunghi capelli nocciola e un' abito di raso verde acqua con delle meravigliose pietre preziose incastonate in un ampio colletto di morbido velluto. Pensai con rammarico che non avrei mai ricevuto nulla di simile. Proprio quando mi apprestai nel rimettere la bambola al suo posto entrò la padrona. Ero in preda al panico lo avrebbe detto di certo a mio padre e la sera stessa le avrei sicuramente prese di santa ragione, ma mi stupii quando vidi che con fare amorevole mi accarezzò la testa per poi lasciarmi sgattaiolare via.


Raggiunsi mia madre sotto al grande portico che troneggiava imponente sulla vallata, mi stavano cercando già da un po’ e quando mi chiese che fine avessi fatto mi limitai a risponderle che mi ero persa cercando uno sgabello in modo da aiutarla a sistemare tutte quelle posate in argento, mentii spudoratamente e da brava madre non ci cascò, ma me la cavai con una strigliata delle sue.
Trascorsero lentamente altri 2 anni e ormai stavo diventando una donna formata mi venne anche il menarca,si era cosi che lo chiamava la padrona quando chiedeva a mia madre di non caricare la tinozza per il suo bagno quotidiano. Il mio corpo si stava arrotondando faticavo a riconoscermi quando mi specchiavo nel bacile che usavo per lavarmi.


Una fredda mattina di febbraio all'alba, fui svegliata da un dolore intenso e martellate che proveniva dal basso ventre, capii subito di cosa si trattava, ma proprio quando feci per alzarmi dal mio gelido lettino entrò mio padre urlando e imprecando come se avesse una legione di demoni dietro

- “Alzati e fai presto oggi dovrai occuparti dei cavalli, tuo fratello non può quindi spetta a te”-

Il suo sguardo era carico di odio, ma perché? Cosa gli avevo fatto per meritare tanto disprezzo? La mia unica colpa era quella di essere nata donna! Quanto avrei voluto urlargli che maledicevo quelle fattezze a causa sua e della sottomissione di mia madre, che io non sarei mai stata come lei e che avrei combattuto la sua crudeltà e quella di qualunque altro uomo fino all'ultimo dei miei respiri. Non riuscii nemmeno a finire il pensiero, che fece per strattonarmi da un braccio facendomi cadere a pancia in giù sul pavimento ancora intriso dell'umidità causata dalla notte passata, sentii un dolore mai provato prima e trascinandomi verso il mio giaciglio risposi che non sarei andata con lui, che non poteva costringermi e che essendo una donna avevo diritto di regolarmi con la luna come tutte. Affannavo tenendomi il ventre dal quale straripava un fiume a causa della brutta caduta.
Fu l'inizio di un calvario senza sosta, mi si avventò contro con calci e pugni maledicendo me e il giorno i cui ero nata, urlandomi che ero inutile e priva di senso, che nessun buon padre avrebbe mai voluto una figlia come me. Ma proprio quando ebbi l'impressione che ormai per me era finita, riuscii a fuggire dalla sua morsa per imboccare l'uscio. Iniziai a correre più forte che potevo,e più correvo più sentivo la sua presenza alle mie spalle, avevo il cuore in gola e la vista offuscata dalle lacrime,non sapevo dove stavo andando volevo solo fuggire lontano da lui.


Ad un tratto sentii come dei passi insistenti dietro di me in preda al panico mi lanciai su un lungo e robusto ramo che avevo visto poco lontano e pensai: “Mi vuoi morta? Sarai accontentato ma lotterò e tu verrai via con me almeno renderò libera mia madre” presi coraggio, mi voltai di scatto agitando convulsamente il pesante bastone e urlando con tutta la rabbia che avevo in corpo, ma con mio grande stupore ciò che apparve davanti ai miei occhi non era mio padre, ma un lupo dalla stazza enorme, il suo manto era argentato macchiato dal candore di qualche ciuffo color della neve. Mi sentii raggelare il sangue nelle vene e pensai che era davvero buffa come cosa, non sarei morta per mano di mio padre ma sbranata da un lupo. Si avvicinò con fare quasi indifferente, come se sapesse che non potevo fargli alcun male nonostante la mia foga nel dimenare quel ramo e mi disse:

-“Soledad, non temere, sono qui per vegliare su di te il tempo della paura sta per esaurirsi abbi fiducia in te stessa.” -
Detto ciò sparì nel nulla.

Rimasi a lungo seduta in un canneto poco distante dall'incontro, le gambe non mi reggevano e avevo ancora la sensazione che il cuore stesse per esplodermi nel petto. Mi misi a riflettere su ciò che avevo visto e mi convinsi che era frutto della mia immaginazione, che fu la paura a farmi vedere quel lupo.
Il sole era tramontato da un pezzo ormai e facendomi coraggio decisi di tornare a casa,aprii lentamente la porta e davanti al camino acceso vidi mia madre seduta assorta come in preghiera, l'orco invece era buttato sul tavolo della cucina e russava beato dopo la consueta serata passata in compagnia della sua amata bottiglia.
Entrai silenziosamente, ero sporca di fango e i miei vestiti già logori,erano ormai completamente ridotti a brandelli.
Mia madre scattò in piedi e venne ad abbracciarmi.

- “Dove sei stata? Cosa ti è successo figlia mia?”-

Esplosi in un pianto liberatorio e le chiesi semplicemente il perché di tanto dolore. L' unica risposta che mi diede fu:

-“Zitta figlia mia,zitta. La gente chiacchiera e noi dobbiamo solo tacere. Tuo padre è un gran lavoratore e il pane non manca mai sulla nostra tavola. Dobbiamo ringraziarlo per questo”-

Avrei voluto risponderle che non sapevo cosa farmene del suo pane e che questo non mi avrebbe ridato la mia infanzia ma mi limitai a guardarla in silenzio
Nel mentre, mio padre biascicava qualcosa nel sonno, ma era troppo ubriaco per sentire ciò che ci dicevamo.
Il mattino dopo cercai di comportarmi come se nulla fosse,salutai mia madre, andai al pozzo a prendere l'acqua come sempre portando con me mio fratello il quale essendomi molto legato avvertì subito la mia tensione e mi chiese cosa avessi,mi percepiva diversa e non capiva .Ma da brava sorella maggiore volevo proteggerlo da quello scempio e risposi che avevo solo riposato male durante la notte.


Quando tornammo dal pozzo rividi in lontananza il lupo del giorno prima e dissi a mio fratello di correre nel granaio di prendere il rastrello perché i lupi ci stavano attaccando, lui esplose in una sonora risata e disse:

-”Sole ma cosa dici? Quali lupi? Hai decisamente dormito male... hai le allucinazioni!”-

Lui non lo vedeva, non vedeva nulla..come era possibile? Finsi di mantenere un contegno e assecondando le risa del piccolo gli chiesi di portare l'acqua in casa, inventandomi di aver smarrito il mio nastro per capelli al pozzo e che sarei tornata indietro a cercarlo.
Quando fui certa che non mi vedesse nessuno mi avvicinai con fare circospetto a quell'enorme massa di peli che mi guardava con un insistenza quasi imbarazzante. Passo dopo passo mi accorsi che i suoi occhi mi trasmettevano una tranquillità mai provata prima e quando lo raggiunsi con un filo di voce chiesi:

- “Chi sei? E cosa vuoi da me? Perché mio fratello non è riuscito a vederti?”-

Si accucciò davanti ai miei piedi e istintivamente mi sedetti anch'io a terra davanti a lui e solo dopo qualche istante di esitazione sentii nitidamente una voce calda e rassicurante ma non usciva dal lupo, la sentivo dentro di me forte e chiara come un eco interiore che disse:

-“ Sono la tua guida piccola Sole,sono qui perché tu hai un dono e ti aiuterò a trovare la tua strada”da quel momento io e Samahel non ci separammo mai più.”-

Mi sentivo molto meno sola da quando il mio Samahel era con me, il suo aspetto coriaceo incuteva timore, ricordo che i primi tempi facevo quasi fatica nel rapportarmi a lui proprio a causa della sua imponenza,ma dietro quella stazza si nascondeva un cuore tenero e protettivo.
Quando l'inverno si faceva rigido tanto da farmi battere forte i denti dal freddo lui si accucciava accanto a me avvolgendomi nel suo caldo manto sussurrandomi di chiudere gli occhi e di riposare perché presto sarebbe arrivato per me il momento di affrontare un lungo viaggio.
Non capivo di cosa parlasse ed incoscientemente non me ne curavo.
Solo qualche tempo dopo con grande dolore capii a cosa si riferiva il mio fratello lupo.


Il lavoro al podere scarseggiava e di conseguenza anche il pane arrivava di rado in casa nostra.
Mio padre seppe da un bracciante della zona che una famiglia di ceto medio che viveva in un villaggio distante 5 giorni di viaggio dal nostro cercava una serva giovane,in ottima salute e laboriosa in cambio avrebbero offerto alcuni capi di bestiame,dei sacchi di grano e del pollame che avrebbero sfamato una famiglia numerosa almeno per un anno.
L'orco non se lo fece dire due volte e in preda ad una smania mai vista prima entrò in casa intimandomi di preparare i miei quattro stracci perché da li a poco avrei lasciato per sempre la mia abitazione.
Pensai che fosse ubriaco come al solito, che me la sarei cavata con le consuete botte di rito e che tutto si sarebbe esaurito li. Ma mi sbagliavo,vidi mia madre avventarsi su un braccio di mio padre supplicandolo di non portarmi via

-“Non farlo,cosa diremo alla gente quando ci domanderanno di lei? Pensa a questo” -

Ma lui la spinse via con forza facendola finire sotto al grande tavolo da cucina..lo stesso sul quale si addormentava quando Bacco veniva a fargli visita.

-“Donna, non dirmi cosa devo fare,diremo che ha preso i voti e che è chiusa in un monastero molto distante da qui”-

Capii che era tutto vero, quell'uomo che mi aveva dato la vita e che me l'avrebbe tolta molto volentieri mi stava strappando via dalle mie radici, da mia madre e dal mio piccolo fratellino.
Non dissi una parola, reprimetti le lacrime che mano a mano stavano formando uno strato di lava incandescente sul mio cuore...era rabbia, la sentivo crescere sempre di più e dentro di me nel silenzio soffocante del mio strazio chiesi a Samahel di aiutarmi. Accorse immediatamente e mentre mi apprestavo ad uscire al fianco di mio padre che continuava a strattonarmi come se fossi un sacco di patate mi disse:

-“Tornerai non temere ma non sarà per sempre”-

Preparammo il vecchio carro per la partenza, e quando sentii lo schiocco della frusta e il nitrire acuto dei cavalli ebbi come la sensazione che il mondo intorno a me si fosse fermato, nonostante ciò che mi disse Samahel per me quello era un addio. Non mi voltai nemmeno una volta ma sentivo su di me gli occhi di mia madre e quelli del mio fratellino, strinsi forte i pugni, non volevo che mio padre mi vedesse piangere ,non di nuovo. Quell'uomo spregevole non meritava le mie lacrime.
Viaggiammo cinque giorni e quattro notti, rimediavamo da dormire ovunque madre natura ce lo consentisse,superammo villaggi, colline, montagne e vallate, non chiusi occhio per tutto il tempo e Samahel era sempre li accanto a me accucciato ai miei piedi durante quell'interminabile viaggio.
Finalmente dopo alcune ore intravedemmo in lontananza il villaggio nel quale avrei vissuto presumibilmente per tutto il resto della mia vita e l'orco con il suo solito fare brusco mi lanciò addosso uno strofinaccio umido dicendomi:

-“Datti una ripulita, non vorrai mica presentarti cosi davanti ai tuoi nuovi padroni? Sei inguardabile,fammi perdere il bestiame e vedi cosa ti succede”-

Cercai di ripulirmi e di conciare i capelli alla meno peggio,non mi importava di cosa avrebbero pensato, ne tanto meno mi importava del bestiame o della pena che mio padre mi avrebbe inflitto, non temevo nemmeno più la morte.
Il sole era ormai alto quando raggiungemmo un piccolo spiazzale pieno di botteghe che lo circondavano formando come una corolla di voci colori e suoni, mi sentivo stanca, stordita e affamata ma ciò che mi si presentò davanti mi piacque talmente tanto da farmi dimenticare anche solo per un attimo lo scopo per il quale ci trovavamo li, la mia vendita, il mio corpo in cambio di poche mucche e qualche gallina, non riuscivo ad accettarlo.
Dopo avermi fatto scendere dal carro come se fossi l'ultima delle schiave durante una squallida tratta mio padre si avvicinò ad un' uomo placido con dei baffi piuttosto curiosi che attiravano in modo particolare la mia attenzione e credo che se ne fosse addirittura accorto visto che continuava a lanciarmi delle occhiatacce che non mi fecero desistere dal mio curiosare imperterrito.

-“Buon' uomo, mi scusi, potrebbe indicarci l'abitazione della guaritrice?”-

Il signore si tirò su dal suo sgabello e scrutandoci da cima a fondo ci indicò una stradina poco distante dicendoci che era raggiungibile anche a piedi. Dopodiché, si girò sui tacchi e se ne andò.
Trascinata come un somarello da carico arrivammo davanti ad una vecchia casa in mattoni, col tetto visibilmente usurato dalle intemperie e le finestrelle coperte da delle tende candide e ricamate.
Senza esitare l'orco afferrò con decisione il batacchio e bussò per ben tre volte. Dopo alcuni secondi apparve davanti l'uscio una donna sulla quarantina, non era bella ma aveva un carisma talmente nitido che la avvolgeva come un mantello.

-“Buongiorno signora” -

Disse mio padre quasi intimorito dalla donna

-“Siamo venuti fin qui da un villaggio che dista ben cinque giorni di viaggio purché sappiamo che cercate una serva e vi do la mia parola d'onore non troverete mai una ragazzina forte sana e robusta come la mia Soledad”-

Era la prima volta che mi chiamava per nome, in genere si limitava a scuotermi o a farmi dei cenni col capo.
La strana signora mi guardò come se mi stesse studiando ma probabilmente lo stava facendo non era una mia semplice impressione e solo dopo ci invitò ad entrare.

-“Accomodatevi pure nella mia modesta dimora”-
Disse con garbo

-“Mio marito non è in casa ma se avrete la gentilezza di attenderlo rientrerà non più tardi del tramonto”-

Ci sedemmo su un piccolo divanetto in stoffa colorata, mio padre smaniava dalla voglia di lasciarmi li gli si leggeva in volto.

-“Qual'è il tuo nome cara?” –
- “Soledad signora”-

Risposi guardandola fissa negli occhi con la speranza che trovandomi indisponente non mi avrebbero mai accettata pena la morte ma non mi importava.

-“Sei un po' gracilina Soledad. Ma vedremo di rimetterti in forze.”-

Dopodiché si rivolse a mio padre dicendo:

-“Sono davvero una pessima padrona di casa vogliate perdonarmi,avrete di sicuro appetito dopo tanto marciare. Accomodiamoci in cucina c'è dell'ottimo stufato e una zuppa di cereali calda.”-

Mangiai come se non avessi mai visto alcuna pietanza in vita mia mentre la donna continuava a fissarmi morbosamente solo più tardi ne capii le motivazioni
Giunse il tramonto e come ci aveva detto la donna rientrò suo marito che nel trovarci dentro casa sua ebbe un attimo di smarrimento ma sua moglie spiegò l'accaduto e dopo le presentazioni di rito e una breve consultazione tra i coniugi decisero che potevo restare.
Mio padre esultò e volle passare subito ai fatti. Contrattarono sulla paga e dopo aver caricato sul suo carro le mucche, le galline e tutto il resto se ne andò senza dirmi nemmeno una parola.
Era davvero finita, non avrei più rivisto mia madre. Dovevo farmi coraggio,ora iniziava una nuova vita per me ma non avevo timore perché con me c'era Samahel il mio fedele amico.
Dopo avermi mostrato la mia stanza m chiesero di raggiungerli in cucina non appena avessi finito di sistemare le mie cose

-“ Ecco, iniziamo con il lavoro duro”-

Pensai fra me e me ma cercai di non scoraggiarmi
Mi fecero sedere su una piccola sedia di paglia e i loro modi cosi seri e austeri iniziarono a farmi temere il peggio. Poi la donna mi guardò e disse:

-“Soledad tu non sei qui per accudire la nostra casa,sei stata mandata dagli Dei, hai il dono e questo ti aiuterà in ciò che ti chiederò di fare per me. Io sono una guaritrice sai cosa vuol dire?”-
Scossi il capo in silenzio

-“Cara bambina, io ho il compito di aiutare la gente che soffre attraverso l'uso di unguenti che preparo da me e tu mi verrai dietro nei miei vari spostamenti. Hai il dono, sei quella che cercavo.”-

Ad un tratto mi sentii smarrita,di che dono stava parlando? Una guaritrice? E io cosa aveva a che vedere con lei? Decisi di tacere e di fare come mi era stato chiesto.
L'indomani ci svegliamo al cantar del gallo e montammo su di un cavallo nero con delle bisacce in cuoio attaccate alle estremità.
Viaggiammo per un giorno intero, finché non arrivammo nei pressi di una vecchia capanna decadente dalla quale uscì una bambina che ci chiese di entrare immediatamente, sua madre era gravemente ammalata e l'intervento della guaritrice doveva essere immediato altrimenti sarebbe morta.
Entrammo e lo scenario non era dei migliori, l'aria era pregna di un odore acre e disgustoso, i muri erano talmente sottili e consumati che avrebbero potuto crollarci addosso da un momento all'altro e in un letto, al centro della stanza, giaceva una donna pallida dal viso smunto e deformato dal male.

-“Soledad, va a prendere dell'acqua e mettila a riscaldare. Poi portala qui”-

Feci come mi disse e nel frattempo tirò fuori da una sacca di pelle delle bottigliette che sistemò sul pavimento secondo un certo ordine che all'epoca ignoravo. Ottenuta l'acqua calda prese un panno e dopo averlo imbevuto e cosparso di quegli oli sconosciuti lo posò sul ventre della donna rassicurandola e accarezzandola. Poi prese un contenitore di rame, sembrava un paiolo e all'interno del medesimo iniziò a macinare dei grani che non avevo mai visto prima,li allungò con l'acqua calda e l'olio. Mi chiese di aiutare la povera donna a tirarsi su e le fece bere quello strano intruglio. Dopo alcune ore la moribonda riprese colorito e dopo essersi seduta sul letto disse di avere fame
La piccola che ci venne incontro non la smetteva più di ringraziare e ci donò alcune stoffe per l'inverno,delle patate e alcune uova in cambio dei nostri servigi.
Non comprendevo cosa fosse appena accaduto, i miei occhi non credevano a ciò che avevo visto. Una donna in punto di morte era guarita attraverso dell'acqua e degli oli? La mia padrona cogliendo il mio stato d'animo mi disse:

-“Soledad, so che ora ti sembra tutto assurdo ma un giorno capirai stanne certa, non è compito mio insegnarti ciò che devi sapere ma abbi pazienza..saprai!”-

Andammo avanti cosi per alcuni anni, ci spostavamo di villaggio in villaggio prestando soccorso a chi ne aveva bisogno in cambio di cibo abiti e pollame. Finché un giorno quando rientrammo da uno dei nostri soliti viaggi vedemmo 2 uomini abbigliati in maniera bizzarra -“Le guardie” -
Disse sottovoce la donna.

-”Sono venuti a prendermi Soledad, scendi subito dal cavallo e scappa,nasconditi o prenderanno anche te!”-

Non capivo, perché volevano portarci via? E per andare dove? Non volevo lasciarla, lei mi trattava bene. Mi dava sicurezza e affetto. Ma appena si accorse della mia titubanza mi spinse giù dal destriero e dandogli un colpetto secco nei fianchi iniziò a galoppare incontro alla morte.
In preda alla disperazione mi nascosi dietro ad un cespuglio e in silenzio osservai la mia benefattrice scendere da cavallo mentre le guardie la portavano via per sempre. Non riuscii a dire una sola parola,avevo perso di nuovo chi amavo, ma perché? Qual'era la sua colpa? Non capivo.

-“Soledad”-

Vidi Samahel dietro ad un albero

-“Non puoi restare qui verranno a cercarti devi andare via.. seguimi.”-

Camminai per tutta la notte rinchiudendomi in un silenzio fatto di incredulità e sgomento finché non ci fermammo in una radura in riva ad uno splendido lago. Decisi che quello sarebbe stato il mio rifugio.
Samahel mi insegnò l'arte della caccia, il saper distinguere ciò che è commestibile da ciò che non lo è. Mi spiegò come si accendeva un fuoco e grazie al suo aiuto sopravvissi attraversando dodici lune senza troppa fatica.
Durante una notte sognai mia madre, stava molto male e chiamava il mio nome ossessivamente. Al mio risveglio mi sentii agitata e dissi a Samahel che volevo tornare al villaggio, sapevo che il mio viaggio onirico era reale.
Mi incamminai e la mia mente fu invasa da mille pensieri, come l'avrebbe presa mio padre? Mi avrebbe sicuramente scacciata nel peggiore dei modi ma avrei corso il rischio per amore di mia madre. Mi coprii con il mio vecchio mantello e mi affrettai a partire con al seguito Samahel
Giunsi al villaggio e nei pressi del mercato, fra la folla che spingeva a ronzava, rividi mio fratello. Feci fatica nel riconoscerlo, era diventato un' uomo ormai. Mi avvicinai e sussurrai il suo nome. Si voltò di scatto e a differenza di ciò che mi aspettavo mi riconobbe subito. Fu un susseguirsi di abbracci e baci che mi riempirono il cuore.

-“Soledad sei tornata! Che gioia rivederti,temevo che questo momento non sarebbe mai arrivato e invece sei qui, non mi sembra vero. Ma devo darti una brutta notizia, la mamma sta molto male sorella mia, sei arrivata appena in tempo non credo che le resti ancora molto da vivere” -

Nell'udire quelle parole mi si strinse il cuore. Quanto avrei voluto essermi sbagliata ma cosi non fu. Ci avviammo verso casa, ma una volta giunti davanti alla porta fui presa dal timore

-“Dov'è nostro padre?” -
-“Stai tranquilla Sole è andato a ritirare delle stoffe in un villaggio poco distante da qui per conto dei padroni,non tornerà prima di due giorni.”-

Trattenni il fiato per calmare il mio cuore carico di emozione, ero tornata nella terra che mi aveva visto crescere, piangere, ridere e sognare di bambole di porcellana e lupi che parlano ma quando entrai nella mia casetta l'emozione lasciò il posto allo sconforto e alla pena.
Quella non poteva essere mia madre chi era quella donna dai capelli grigi e dallo sguardo spento?

-“Mamma,mi riconosci? Sono Soledad, tua figlia.”-
A stento trattieni le lacrime.
-“Soledad, sei tornata? Sei qui per me? Per dare l'ultimo saluto alla tua vecchia madre? sapevo che mi avresti sentito.”-
-“No mamma cosa dici? Presto sarai meglio.”-

Ma in cuor mio sapevo che non era affatto cosi. Soffriva molto e la febbre non voleva abbandonarla, allora mi ricordai di un olio che usava la guaritrice quando aveva a che fare con dei casi simili. Mi feci forza e andai a cercare tutto l'occorrente. Appena ebbi finito preparai una tisana e la feci bere a mia madre, la febbre scese e sapevo che almeno per un po' le avrei dato sollievo. Mal a situazione non sarebbe cambiata, al tramonto del giorno dopo mia madre ci lasciò.
Preparammo tutto per i suoi funerali, mio padre seppe dell'accaduto,la voce sulla dipartita di mia madre giunse fin li e decise di rientrare prima dal suo viaggio.
Samahel era li con me e tentava di consolarmi in tutti i modi possibili, ma il dolore che provavo era talmente grande che non riuscivo a dargli retta finché preceduto da un ululato fece ingresso nella grande cucina e mi disse

-“Stai in guardia, tuo padre è sulla via del ritorno” -

Non avevo considerato quell'ipotesi avevo addirittura dimenticato mio padre tanto ero presa dal dolore, ma non fuggii ormai ero quasi una donna e potevo affrontarlo.
L'orco arrivò e quando mi vide in piedi davanti al fienile gli prese un colpo. Mi avvicinai con fare aggressivo, fissandolo dritto negli occhi

-“Padre...avete visto un fantasma? Cos'è quel pallore? Non azzardatevi a dire nemmeno una parola! Io sono qui per mia madre e resterò finché non l'avremo sepolta, provate a mettermi una mano addosso e vi insegnerò cosa vuol dire crescere con una guaritrice.”-

Detto ciò mi voltai e raggiunsi mio fratello che nel mentre stava dando disposizioni per la salma di nostra madre.


Fu tutto molto sbrigativo, la seppellimmo nel piccolo cimitero del villaggio attraverso un rito semplice ma sentito e proprio mentre stavo per dire a Samahel che potevamo tornare nella radura vidi mio padre correre verso di me con in mano una fiaccola accesa

-“Strega, l'hai uccisa tu,ho sempre saputo che eri maledetta fin dalla nascita e ora morirai!” -

Era completamente fuori di senno, voleva darmi fuoco e dopo aver superato quei pochi istanti di incredulità ebbi la forza di fuggire seguendo Samahel proprio come avvenne anni addietro. Riuscimmo a seminarlo perdendoci nel bosco, ci fermammo li per la notte e solo l'indomani facemmo ritorno al rifugio.
Ero finalmente sola avevo tutto il tempo per rielaborare quanto era accaduto e nel silenzio della radura sfogai il mio dolore fra le lacrime e le urla. Mia madre era morta e con ogni probabilità non avrei mai più rivisto mio fratello, ero sola al mondo, sola con un lupo che vedevo solo io. Lo sconforto mi assalì e rimasi in ginocchio a piangere per non so quante ore.
Mi accorsi che in poco tempo quel minimo di spensieratezza dovuta alla mia giovane età era sparita,che il mio animo si era ispessito e che nonostante fossi solo una ragazzina avevo perso la fiducia nei confronti del genere umano. Ma proprio mentre ero assorta nei miei pensieri sentii un fruscio nei pressi della piantagione presi subito un grosso masso, mi sarebbe servito per difendermi,mio padre mi aveva dunque trovata? Io ero li pronta a colpire se ce ne fosse stato bisogno ma con mia enorme sorpresa sbucò da un' anfratto una donna con in mano un mantello ed era accompagnata da un maestoso lupo nero. Rimasi impietrita e non riuscii ad emettere alcun suono.

-“Chi sei?”-
Chiese la donna

-“Il mio nome è Soledad e questo è il mio rifugio cosa ci fate qui? Andate via! Chi vi ha mandato?”-

La gentile signora mi si avvicinò e con fare materno e rassicurante, mi spiegò che viveva in una casetta di legno a pochi metri da li. Mi invitò a seguila e pur non conoscendola, pur non avendola mai vista prima, decisi di darle ascolto, sentivo che potevo fidarmi di lei. Solo dopo qualche tempo seppi che Cormia, è questo il suo nome, era la mia maestra, colei che mi avrebbe insegnato tutto quello che conosco oggi. Colei che mi fece scoprire di essere una donna del lupo.
Attraversammo un sentiero che non avevo mai visto prima, eppure conoscevo bene la radura e proprio in fondo ad una collinetta vidi sbucare una piccola ma graziosa abitazione di legno. Mi sentii subito a casa e quando notai che Samahel e Lotar il lupo di Cormia trotterellavano felici mi si aprì il cuore, forse era finita, forse sarei stata amata anche io.
Entrammo in casa e dopo aver consumato un pasto caldo Cormia mi chiese di mettermi seduta accanto a lei

-“Soledad ,ascoltami con molta attenzione. Io sapevo che ti avrei incontrata un giorno o l'altro, fa tutto parte di un disegno ben preciso. Sei la quinta delle donne del lupo, una tradizione che ha visto protagoniste altre donne prima di noi e che tu ora apprenderai attraverso me per poi tramandarla alla prossima donna del lupo.”-
Feci fatica a comprendere ciò che mi diceva,

-“Cosa significa essere una donna del lupo Cormia?”-

-“Vedi bambina,esistono donne dotate di un dono speciale corrono con il loro lupo da sempre e attraverso
la pratica e la conoscenza sviluppano qualità che le rendono delle donne di sapere e tu sei fra queste. Presto imparerai come si lavora con alcune piante,saprai intravedere i messaggi che il futuro vorrà comunicarti e conoscerai l'amore infinito della Dea.”-

-“ Ma la mia famiglia mi ha sempre chiesto di essere fedele a Dio, un Dio maschio.”-

-“Bambina mia, tutto questo ormai fa parte della tua vecchia vita, ora avrà inizio il tuo nuovo cammino.”-


Non feci altre domande, decisi solo di seguire ciò che mi diceva la mia maestra.
Iniziammo già dal mattino seguente, Cormia mi svegliò di buon'ora e dopo essermi preparata ci incamminammo verso il bosco alla ricerca di alcune erbe che sarebbero servite a preparare impacchi tisane e decotti. I nostri lupi erano sempre li con noi ed era bello vederli giocare insieme. Lotar amava essere rincorso da Samahel e non la smetteva un attimo di stuzzicarlo. Ricordo ancora la risata di Cormia, era calda e contagiosa. Sapeva mettermi di buon'umore.
Trascorsero i mesi, le stagioni e non ricordo neanche più quante lune. La mia voglia di imparare cresceva ogni giorno di più ma la mia maestra continuava a ripetermi di non avere fretta, che tutto sarebbe accaduto secondo ciò che aveva stabilito il destino e intanto io continuavo a sostenere pesanti ceste di vimini cariche di erbe seguendola nei suoi pellegrinaggi attraverso il bosco.


Finché un giorno al culmine della pazienza sbottai bruscamente pretendendo di fare ciò che avevo imparato osservandola in tutti quei mesi. A quel punto Cormia mi sorrise garantendomi che fra qualche luna sarei stata pronta. Ero impaziente, volevo mettere in pratica i suoi insegnamenti, smaniavo dalla voglia di capire cosa significasse essere una donna del lupo ma dovevo ancora attendere e questo mi snervava alquanto.
Il mattino seguente mentre sistemavo la legna per la notte Cormia mi si avvicinò con fare misterioso.

-“Vuoi imparare? Hai fretta di crescere? Bene mia piccola Sole credo sia giunto il momento che tu conosca la tua pianta di potere,ogni donna del lupo ne ha una la mia è la verbena. Lavoro con sangue d'amore da sempre, da quando ho scoperto che sarebbe stata lei la mia fedele compagna.”-
Addentrati nel bosco, ormai conosci alla perfezione le varie erbe e sai come utilizzarle. In questi mesi sei stata attenta e questo ti tornerà molto utile nelle tue ricerche. Buona fortuna piccola”-

e dopo avermi dato un bacio sulla fronte rientrò in casa lasciandomi li confusa e con poche idee a disposizione. Ma decisi di sperimentare quell'esperienza, volevo mettermi alla prova. Se ero davvero una donna del lupo non avrei faticato molto nel trovare la mia pianta, alla fine ero una strega, mi sforzai di tornare di buon umore e intrapresi il sentiero che portava al bosco. Camminai per tutto il giorno ma niente, nessuna pianta sembrava attirare la mia attenzione in modo particolare, mi resi conto che mi sbagliavo e che la cosa sarebbe risultata più complicata del previsto. Ero stanca e le gambe mi facevano un gran male, decisi di riposarmi un po' e di consumare il pasto che Cormia mi aveva messo nella bisaccia. Dopo aver mangiato mi appisolai di botto ai piedi di un grande albero e credo di aver dormito davvero tanto perché quando aprii gli occhi era ormai notte fonda. Mi svegliai di soprassalto e urlai il nome del mio amico lupo

-“Samahel è notte fonda perché non mi hai avvisata? Il buio è color della pece e ora come faremo a tornare a casa?” -

Sam apparve ma non mi rispose e indietreggiando sparì nel buio. –Perché mi aveva lasciata li? Cosa gli avevo fatto? In preda ad un attacco di rabbia decisi che sarei tornata da Cormia nonostante il buio, non potevo di certo restare li al gelo e con gli animali selvatici che mi gironzolavano intorno.
Mi alzai di scatto e ma non vedevo nulla, l'unica cosa che irradiava un po di luce era un meraviglioso cielo stellato allora decisi di usare quella flebile speranza come guida feci qualche passo quando ad un tratto sentii ringhiare dietro di me era Samahel che voleva avvertirmi della presenza di un branco di cani selvatici. Quando mi voltai vidi solo i loro occhi che mi fissavano, avevano stabilito che sarei diventata il loro prossimo pasto. Iniziai a correre e quando mi trovai di fronte ad un vecchio e robusto albero sollevai la mia gonna e iniziai ad arrampicarmi come non feci nemmeno da ragazzina nell'uliveto dei padroni
Quelle bestiacce erano proprio sotto di me e ringhiavano inferocite fu allora che vidi Samahel arrivare circondato da una strana aurea argentata, sbucò da dietro un cespuglio proprio davanti al branco i quali avevano di sicuro avvertito qualcosa perché pochi istanti dopo indietreggiarono terrorizzati per poi sparire nella notte.
Pericolo scampato, Sam mi aveva salvato anche stavolta e proprio quando feci per balzare giù dal tronco sentii qualcosa tirarmi la gonna. Pensai subito che fosse una di quelle bestiacce che era tornata a prendermi allora mi dimenai e caddi a terra ma qualunque cosa fosse non voleva lasciarmi. Proprio in quell'istante giunse Cormia con una torcia ardente in mano

-“Ti ho seguita per tutto il viaggio figlia mia, sapevo che ti saresti cacciata in qualche guaio. Dai torniamo a casa ora” -
Ma non riuscivo a tirar via la mia gonna
-“Cormia aiutami qualcosa mi ha afferrato” -

Quando la mia maestra avvicinò la fiaccola notammo immediatamente che la cosa che mi tratteneva era una pianta alta circa un metro dai fiori gialli ed emanavano un forte odore di limone. Le sue foglie ricordavano un cuore, erano molto larghe,di un verde brillante, con i margini dentati ricchi di sostanze oleose e le venature in rilievo.. Somigliava molto all'ortica ma senza quel suo tipico effetto pruriginoso. Era lei la mia pianta di potere finalmente l'avevo trovata!
Iniziai fin da subito a documentarmi sull'utilizzo di Aurora Serena , conosciuta dagli uomini come Melissa, impiegai tutte le mie energie per conoscerne ogni singolo particolare, iniziai ad asportarne le estremità fiorite che misi subito ad essiccare in un ambiente ben ventilato mentre usai le foglie per farne degli infusi. Volevo conoscere i suoi effetti per poi impiegarla per i giusti scopi. Dopo che bevvi la mia tisana sentii subito il mio cuore rallentare, mi sentivo molto meno agitata e ansiosa, lo ero per indole. Ero serena e fu proprio per questo motivo che la chiamai Aurora Serena.
Gli anni si susseguirono stagione dopo stagione, divenni una donna,i miei capelli rossi erano diventati lunghi e selvaggi, la mia corporatura era ormai sottile e leggera e mi permetteva di muovermi con rapidità fra i boschi perché ormai la mia amata maestra era troppo anziana per provvedere ad entrambe a stento riusciva a stare in piedi. Era afflitta da tempo da una strana malattia che l'aveva resa quasi totalmente cieca e i dolori addominali diventavano sempre più violenti e acuti. Supportata dalla flebile luce di una candela tentavo di darle sollievo attraverso Aurora Serena ma non bastava, non poteva guarirla e in cuor mio sentivo che presto mia madre, si era cosi che vedevo Cormia mi avrebbe abbandonato ma lottavo contro ciò che voleva strapparla via da me ogni notte preparando unguenti, tisane e impacchi. Ma servì solo a farle sentire meno dolore.


Una notte mentre mia madre riuscì finalmente a prendere sonno decisi di interrogare la mia Aurora. Volevo scoprire le doti magiche della pianta e preparai un infuso usando i fiori che avevo essiccato durante la raccolta, li misi a bollire insieme ad altre erbe come la salvia la menta e la valeriana. Servivano per aumentare i miei poteri psichici. Bevvi il tutto con la speranza di avvertire qualcosa ma non accadde nulla quando chiesi di poter sapere qualcosa sulla sorte di Cormia, Avvilita decisi di andarmene a letto ero stanca e il giorno dopo mi sarei dovuta alzare prima dell'alba per cercare da mangiare.
Mi alzai che fuori era ancora buio, si intravedeva uno spicchio sottilissimo di sole pallido e stanco. Come ogni mattina mi avvicinai a Cormia per salutarla ma mai avrei immaginato che quella sarebbe stata l'ultima volta. Samahel e Lotar erano seduti ai piedi del giaciglio nel quale riposava e guardavano la mia povera madre con fare austero e reverenziale capii subito cosa stava accadendo e col cuore che mi sanguinava in petto mi avvicinai a lei prendendole la mano.
-“Madre mia...maestra adorata non mi lasciare ti supplico,cosa farò senza di te? Chi mi amerà come hai fatto tu? Ti scongiuro Cormia resta con me.”-
La donna cercò il mio viso col palmo della mano non poteva vedermi con gli occhi ma poteva farlo col cuore 

-“Bambina mia, sono orgogliosa di te, sei una donna ormai e hai appreso tutto ciò che dovevi imparare, sii forte, la Luna mi rivuole con se, ma questo non significa che ti lascerò da sola. Ogni mese, quando la Signora d'argento sarà alta nel cielo solleva lo sguardo piccina, io sarò li accanto a lei,” -

Detto ciò emise il suo ultimo respiro e proprio in quello stesso istante Samahel e Lotar ulularono,intonando un canto d'amore in onore della mia amata madre, dopodiché il maestoso lupo nero seguì la sua compagna di sempre svanendo nel nulla. Piansi sul suo capo cosparso di fili d'argento, non riuscivo a smettere, ma sapevo che era solo il suo involucro terreno ad essersene andato .Cormia sarebbe rimasta con me per sempre. Scavai una fossa proprio nel boschetto adiacente alla casetta di legno, le misi il suo scialle preferito, quello in lana grezza. Le sistemai i lunghi capelli e la adagiai insieme a sangue d'amore nella sua amata madre terra. Restai li per non so quanto tempo. Sentivo già la sua mancanza ma Sam mi destò dal mio coma emotivo ricordandomi che avevo degli insegnamenti da mandare avanti
Le giornate trascorrevano lente e malinconiche non ero più la stessa da quando Cormia mi aveva lasciata anche Lotar mi mancava il ricordo di Samhael che lo rincorreva felice mi straziava.
Una mattina all'alba sentii un frastuono giungere da fuori mi precipitai a vedere cosa fosse successo sicura che si trattasse di un animale selvatico ma quando mi affacciai sull'uscio mi trovai davanti un' uomo ferito che a malapena si reggeva in piedi.

-"Aitami ti prego"-

Detto ciò si accasciò privo di sensi a terra. Lo trascinai dentro casa e dopo essermi accertata che fosse ancora vivo lo medicai con tutte le erbe che avevo a disposizione. Dormì profondamente per non so quanto tempo e io pur essendo consapevole di aver portato uno sconosciuto in casa in cuor mio sapevo che non avrei dovuto temerlo.

L'indomani mattina l'uomo si svegliò e con mia grande sorpresa non appena aprì gli occhi mi chiamò per nome.

-"Come fai a sapere chi sono? Chi ti ha mandato?"-

Tacque a lungo cosa che suscitò in me molto disagio.

-"Vedi Soledad sono un caro amico di tuo fratello lui ha sempre saputo dove vivevi ma non ha mai osato oltrepassare il bosco per paura di una tua reazione spiacevole i sensi di colpa lo hanno consumato perchè a sua detta non ti ha mai difesa da tuo padre come meritavi"-

Nell'udire quelle parole capii che era successo qualcosa di orribile a mio fratello.

-"Siamo stati assaliti dai briganti la scorsa notte mentre tornavamo da un viaggio di lavoro ci hanno derubato e quando abbiamo provato a difenderci purtroppo uno di loro ha ucciso tuo fratello per poi fuggire con i nostri averi. Prima di morire mi ha chiesto di venirti a cercare e di riferirti che ti ha sempre amata."-

Esplosi in un pianto disperato avevo perso anche mio fratello, la vita era stata troppo ingiusta con me.
L'uomo mi abbracciò e io no mi ritrassi, sentii il calore del so corpo,il suo odore ed era tutto cosi rassicurante.

-"Il mio nome è Javier ti chiedo scusa per l'irruzione in casa tua, ora sto molto meglio grazie per esserti presa cura di me, posso tornare al villaggio"-

Non volevo che Javier se ne andasse e sfacciatamente gli chiesi se lo avrei mai più rivisto arrossendo vistosamente. Annuì dolcemente e se ne andò.
Passarono i giorni ma di Javier non giunse nessuna notizia finchè un pomeriggio mentre io e Sam preparavamo la legna per la sera sentimmo il nitrito di un cavallo. Dopo pochi istanti apparve davanti ai miei occhi l'uomo che tanto avevo aspettato. Era tornato per me mi sentivo cosi felice.

-"Cosa fai? una donna non dovrebbe affaticarsi cosi questo è un lavoro da uomini credo che dovrò venire molto più spesso da te"- disse sorridendo.

In cuor mio non speravo altro volevo che Javier restasse nella mia vita per sempre e cosi fu ci innamorammo perdutamente l'uno dell'altra finchè un giorno, decise di restare con me, di vivere nella mia modesta casetta di legno quell'uomo mi amava davvero rinunciò agli agi del villaggio per me.
Furono mesi meravigliosi fatti d'amore e complicità non ci mancava nulla tranne una creatura nostra e non tardò ad arrivare ormai i miei giorni di potere tardavano già da un po, capii immediatamente di aspettare un bambino quando lo dissi a javier pianse di gioia per ore.
Trascorsero nove lune e il mio ventre cresceva a dismisura,potevo sentire la mia creatura scalciare energicamente era in salute proprio come suo padre. Una mattina uscii molto presto avevo terminato la malva e decisi di andarne a cercare un po ma proprio quando mi addentrai nel bosco avvertii una fitta intensa provenire dal mio addome. Stavo per mettere al mondo il mio bambino ed ero da sola all'improvviso apparve Samahel

-"Stai tranquilla Javier non può vedermi ma farò in modo che arrivi qui da te"-

detto ciò sparì.Il dolore divenne sempre più intenso e frequente urlai con tutto il fiato che avevo ormai era troppo tardi decisi di seguire il mio istinto affondai le dita nella terra e mi abbandonai al mio essere mammifero iniziai a spingere più forte che potevo chiedendo ai venti di sostenermi fu allora che arrivò Javier e in quel preciso istante detti alla luce la mia bambina era una femminuccia la strinsi forte a me e quando la guardai negli occhi rividi me stessa fu una sensazione meravigliosa.

-"La chiameremo Shiva"-

in lontananza sentii un ululato ma non era Sam lui era li accanto a noi mi bastò guardarlo per capire che si trattava del lupo che avrebbe accompagnato la mia bambina per sempre.
Il mio destino si stava compiendo ora dovevo istruire la prossima donna del lupo Shiva sangue del mio sangue!

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